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Lunedì 23 Luglio 2007 - Alcune riflessioni di mons. Trasarti
Dalla sua esperienza di parroco
Spezzare con voi la vitaHo provato ad accogliere con serenità la chiamata a “servire” questa vostra comunità parrocchiale, impegnandomi ad esservi fratello e padre nella fede, prendendo come modello e stile la persona di Gesù Cristo nell’ultima cena con i suoi discepoli. Ho cominciato a spezzare con voi la mia vita, il mio tempo, le gioie, le solitudini... la Parola di Dio; chiedo al Signore di essere degno di voi.
L’oggi di DioOggi c’è molta tristezza in giro: quanta gente è malinconica, non ha il gusto di vivere, manca della sapienza, del sapore della vita. Vogliamo essere cantori del lamento del mondo, o profeti del mondo che verrà? Più spazio allo stupore, alla novità di Dio, alla speranza. Il “Magnificat”: ora fa grandi cose Colui che è potente.. Ora, oggi, qui… In questo paese Dio sta parlando ancora.Il sogno di una Chiesa lietaPartiamo da un sogno: il sogno della Chiesa degli Apostoli, il sogno di una Chiesa lieta e coraggiosa da osare in un tempo in cui sembrano prevalere le cattive profezie. Eppure mai come in quest’epoca, la fede ha bisogno di essere testimoniata dalla profezia della “letizia”. Vivere la prassi della letizia significa essere persone che non cedono al pessimismo pastorale e alle frustrazioni, ma vivono con scioltezza e libertà. Quella libertà che ci consente di essere dentro questo tempo, senza sfuggirne la complessità, senza l’affanno che deriva dal desiderio di possederlo, di possedere la storia e di manovrare i destini. Abbiamo bisogno di una fioritura di comunità liete, e perciò profetiche e perciò feconde. Una letizia, una gioia, quella cristiana, che derivano dalla certezza che Dio è fedele e non viene meno alle sue promesse.Il cristiano uomo liberoAscoltiamo questo tempo, noi stessi, le altre persone. E’ un tempo di grazia, amato e salvato da Dio. E’ un tempo che ci è affidato perché portiamo a maturazione i semi di bene sparsi nella nostra storia. E’ un compito di libertà, perché liberante è la Buona Notizia. Liberare la gioia è vivere la Buona Notizia, è essere fedeli al sogno di Dio su ciascuno di noi, un sogno che rivuole persone libere, felici della sua compagnia.Protesi verso il mondoIl mondo è il chiodo fisso di Dio; anche per noi il mondo deve diventare l’idea, la passione dominante. In forza del sacerdozio comune siamo protesi verso il mondo. Il mondo è l’umanità che ci vive accanto, è il nostro tempo, mondo dei vicini e dei lontani, di quelli che sorridono dei nostri slanci… Il mondo della Chiesa stessa; il mondo del peccato; il mondo del volto sofferente di Cristo. La simpatia con mondo deve diventare missione. Non una Chiesa avviluppata dentro di sé, ma una chiesa che si allarga. Non una Chiesa che si protegge, che si difende, che mostra i muscoli, ma una chiesa che sa di essere sale, di dover entrare e lasciarsi assorbire, per dare sapore alla storia del mondo.La Croce, spia del cristianoInutile cercare altrove che sul Calvario l’identità del credente. E’ la Croce che rivela il cristiano. Dimmi che cosa porti sulle spalle, e Chi porti, e ti dirò chi sei. Si tratta di legno ruvido e non di stoffa. La Croce, ossia l’altra faccia dell’amore. La croce certo è fatta di sofferenza, solitudine, incomprensione, abbandono, ingratitudine, umiliazione, rifiuto ma è fatta soprattutto di amore. Non basta soffrire per poter affermare che si porta la Croce di Cristo. Occorre portare la Croce nella direzione in cui l’ha portata Lui, soffrire nella stessa linea di dono. La Croce del cristiano, come quella del Maestro, non svela soltanto la sua identità, ma spiega il significato della sua esistenza. Non quindi la Croce per se stessa, il dolore per il dolore. Ma la Croce come segno rivelatore di una vita data, offerta, spesa per gli altri. E’ il “per” che qualifica la croce come cristiana.Sotto il segno di MariaUna creatura di silenzio che sceglie l’ombra, il nascondimento. La Comunità dei credenti non può stare che sotto il segno di Maria: umiltà, modestia, semplicità, atteggiamento di servizio, capacità di scomparire per diventare trasparenza di Qualcuno. La Chiesa non deve essere preoccupata di parlare o far parlare di sé. Deve fare un po’ di silenzio. E allora Dio riemerge, e l’uomo torna a percepire la sua voce. La Chiesa deve spegnere tutte le false luci, se vuole che Dio torni ad occupare il centro del mondo, la profondità più segreta del cuore dell’uomo.Servi inutiliTroppi “servi” nella Chiesa sono impegnati a presentare programmi grandiosi, ad annunciare iniziative coraggiose, proclamare svolte, lanciare o raccogliere sfide, produrre documenti storici, La storia di Dio la fanno i “servi inutili”, non i trombettieri o i maggiordomi decorativi: “L’eroismo più difficile di fare il bene senza teatralità” (Mazzolari)AppassionatiCi sorprendiamo spesso in uno stile cristiano sonnacchioso, sbadato, spento, stancamente ripetitivo, scontato. E’ necessario “vigilare” per non perdere il tesoro prezioso affidatoci, o per non limitarci a “conservarlo”. Ci è stato dato in abbondanza per osare, per avere coraggio, per non congelare tutto nella paura. Diventare appassionati. Il vangelo si diffonde per contagio. Gesù ha chiesto una fede che deve diventare incendio. E una grande passione porta necessariamente alla …Passione!La carità pastorale del preteIl prete in una parrocchia, prova a guidare la gente, a offrire comunione nelle famiglie, nelle strade, nelle piazze, in tutti gli ambienti vitali a condividere la vita e lo stile di Cristo, a credere nell’amore di Dio e a lottare e soffrire fino alla Croce per salvare qualcosa o qualcuno. Se condividiamo il pane del cielo come possiamo non condividere il pane della terra? Solo da questa mentalità ricevono significato le diverse scelte della vita della parrocchia: l’attenzione e l’amore ai più deboli; i malati e gli anziani; i ragazzi; la gente in difficoltà morale e spirituale; la formazione cristiana costante e paziente, per grandi e piccoli, alla scuole dell’insegnamento di Gesù nella catechesi; la provocazione, l’aiuto e lo stimolo ad una perenne riscoperta del senso di Dio come dono e servizio ad un mondo, il nostro, scarico di idealità e di speranza.